Programma politico del grande Centro “Per una Sardegna sovrana: dieci declinazioni della nostra sovranità”

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1. sovranità istituzionale;

2. sovranità economico-produttiva;

3. sovranità alimentare;

4. sovranità dei territori e delle comunità locali;

5. sovranità culturale;

6. sovranità e mobilità;

7. sovranità energetica;

8. sovranità digitale;

9. sovranità monetaria locale;

10. sovranità e sanità.

  1. Sovranità istituzionale
    Entro queste declinazioni di sovranità va affrontato e risolto, in primo luogo, il tema storico della
    “questione sarda”: riforme istituzionali; gap infrastrutturale, nuova continuità territoriale, qualità della
    vita (compresa una sanità moderna al passo coi tempi. Temi da ripensare su basi nuove e non
    subalterne in un serrato negoziato con lo Stato e con l’Europa in coerenza rispetto alle peculiarità
    del nostro nuovo modello di sviluppo. Cardine di questo negoziato, finalizzato al superamento della
    autonomia speciale ed al conseguimento di una vera sovranità istituzionale, non potrà che essere,
    nel breve periodo il conseguimento, mai realizzato, di tutte le prerogative attuali e potenziali della
    nostra autonomia speciale e, nel medio periodo, un articolato disegno di riforma in senso
    federalistico: a) della nostra Regione, al suo interno, riportando così al centro del ragionamento il
    protagonismo dei territori e delle comunità locali, la loro identità ed il loro radicamento territoriale, il
    loro protagonismo consapevole al servizio del nuovo modello di sviluppo; b) della Regione nei nuovi
    rapporti con la UE e con lo Stato nazionale. Entro tale quadro, nel breve periodo, in un’ottica di
    pienezza dei nostri poteri autonomistici, il tema delle entrate assume carattere di priorità con un
    intervento irrinunciabile riguardante da un lato la immediata verifica e aggiornamento delle entrate
    tributarie regionali e, dall’altro, la piena funzionalità all’Agenzia Sarda delle Entrate che ad oggi non
    può ancora ricevere direttamente i tributi regionali, neanche quelli di cui deve incamerare i 10/10. In
    prospettiva, invece, proponiamo il ribaltamento totale delle logiche proprie dello Stato regionale ed
    intendiamo rilanciare il tema dello Stato federale. Sono temi che per troppo tempo sono scomparsi
    dai radar della politica regionale. In entrambi i casi che proponiamo (completamento del
    regionalismo incompiuto e prospettiva federale) irrinunciabile sarà l’obiettivo prioritario di negoziare
    l’avvio immediato di un piano straordinario (attuazione dell’articolo 13 dello Statuto) per superare le
    attuali disparità (soprattutto infrastrutturali) e le diseguaglianze (nei diritti fondamentali, leggasi fra
    tutti diritto alla mobilità) fra la nostra Regione e le altre Regioni. In prospettiva dovrà essere lo Stato
    federale, entro logiche di solidarietà nazionale, ad introdurre meccanismi riequilibratori di
    progressiva riduzione di questi divari. Sono stati i padri del “sardismo vero” a battersi con
    convinzione, non per un ordinamento autonomistico del nostro Paese, ma per uno Stato federale
    italiano dove le Regioni dovevano diventare gli Stati federali. È chiaro che tutto quello che concerne
    la politica estera, la difesa, la moneta, il diritto penale, l’istruzione superiore resterà di competenza
    dello Stato federale nazionale. Ma tutte le altre materie dovranno essere di esclusiva competenza
    degli Stati federali regionali. Ora come allora questi concetti mantengono inalterata la loro portata e
    la loro forza rivoluzionaria. In un futuro Stato federale italiano, le Regioni, quindi, potranno essere
    gli Stati federati. Abbiamo, pertanto, un obiettivo ambizioso da raggiungere (progetto bandiera):
    proporre e fare della Sardegna il primo Stato federato della nuova Repubblica federale italiana.
  2. Sovranità economico-produttiva
    La vera sfida è quella di ripensare completamente il sistema produttivo della nostra Regione.
    Nessuno deve più imporci soluzioni verticistiche nazionali, come purtroppo avvenuto in passato. Non
    più poli industriali energivori ed inquinanti, calati dall’alto, ma un sistema diffuso di piccole e medie
    imprese fra loro integrate (verticalizzate) – dal primario, alla trasformazione industriale, ai servizi, al
    turismo – primariamente orientate al mercato regionale ed a quello turistico nazionale ed
    internazionale, rispettoso dell’ambiente e della salute del consumatore. Quanto più saranno
    articolate e diffuse le interdipendenze fra i settori produttivi, quanto più alto sarà per la Sardegna il
    livello della crescita della ricchezza endogena e dell’aumento della occupazione stabile. Vogliamo
    passare dalle logiche negative della linearità, alle logiche virtuose della circolarità. Non è più
    accettabile continuare a prelevare indiscriminatamente risorse fino al loro esaurimento, continuare
    a distruggere per produrre materie prime da trasformare, generando rifiuti, inquinando e
    depauperando i territori. Su queste basi di sostenibilità e circolarità, per generare ricchezza nel
    nostro territorio ed occupazione stabile intendiamo chiudere i principali cicli vitali a livello
    regionale/locale (acqua, cibo, energia, rifiuti). Quale pre-condizione di questo nuovo approccio
    andremo a ridefinire in modo chiaro e trasparente le nuove regole per la pianificazione e
    programmazione del governo del territorio, unitamente alla revisione del PPR, anche finalizzata al
    non consumo del suolo e al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente,
    compreso quello minerario dismesso, dei comparti ex industriali, ancora da bonificare, con un attento
    orientamento al recupero dello stesso settore minerario, data la crescente rilevanza delle “terre rare”
    e dei “minerali critici” con la realizzazione di progetti sostenibili ad alto valore tecnologico. Intendiamo
    a tale fine avviare un tavolo permanente con le parti sociali, sindacati, associazioni di categoria e
    istituzioni.
  3. Sovranità alimentare
    Obiettivo centrale per dare attuazione al nuovo sistema economico-produttivo è quello di partire dal
    nostro settore agro-alimentare per realizzare una diffusa interdipendenza fra le imprese del primario
    e del secondario alimentare, ri-organizzate per filiere produttive corte locali di qualità, i comparti della
    distribuzione (ripensando totalmente anche il modello della GDO, quale sbocco principale delle
    nostre produzioni di eccellenza), gli altri mercati di sbocco locali e regionali. L’obiettivo strategico da
    conseguire è quello di assicurare che quanto viene prodotto in Sardegna vada ad approvvigionare
    in modo capillare e diffuso i centri urbani e residenziali di tutta la Regione e le strutture turistiche
    regionali. Le strutture turistiche (intese, in senso lato, come un unico sistema industriale/turistico
    integrato e diffuso), dovranno essere chiamate ad un ruolo di grande responsabilità collettiva perché
    potranno assumere quel ruolo centrale di nuovo polo trainate dello sviluppo territoriale (quello che
    non sono riusciti a fare i poli industriali del vecchio modello, diventati cattedrali nel deserto),
    “trascinando” sulla via dello sviluppo, non solo il sistema produttivo delle filiere alimentari locali, ma
    anche quelle dell’artigianato, dell’edilizia, dei servizi turistici e del terziario tradizionale ed avanzato.
    Vogliamo puntare, quindi, ad una autentica sovranità alimentare centrata sull’importanza territoriale
    del cibo, quale grimaldello per scardinare le logiche selvagge della globalizzazione e contrastare sul
    campo la presenza “egemonica” e capillare della “multinazionali del cibo”: E’ questa una sfida
    possibile e degna, quale ossatura irrinunciabile, di nostro nuovo modello di sviluppo. Questa
    proposta diventa anche la chiave di volta per riqualificare il nostro patrimonio edilizio pubblico e
    privato, per raccontare e promuove l’unicità del nostro territorio, per ridare senso alla permanenza
    degli abitanti nelle proprie aree di origine, soprattutto le aree interne, quelle che, nonostante le loro
    potenzialità e capacità di rappresentare la Sardegna più autentica, sono tristemente diventate i
    luoghi dello spopolamento.
  4. Sovranità dei territori e delle comunità locali
    Per noi la sovranità istituzionale e strettamente legata alla sovranità dei territori “a casa nostra”. Una
    riforma complessa che parte dalla Sardegna, ma che, come detto, dovrà coinvolgere
    necessariamente il livello istituzionale nazionale del nostro Paese per una riforma in senso federale
    dello Stato. Nel contempo, all’interno della nostra Regione, va definitivamente completato il percorso
    (da noi avviato) di riforma degli enti locali con un ampio disegno riformatore di grande significato
    perché capace di “dare vera voce” al protagonismo dei territori e delle comunità locali che
    rappresentano la vera chiave di volta per il futuro della Sardegna. Duplice l’obiettivo che ci poniamo:
    a) il totale ripensamento di tutta la macchina amministrativa regionale al fine di rimuovere sacche di
    ritardi ed inefficienze con una lotta senza quartiere alla burocrazia per snellire le procedure
    autorizzative dei procedimenti amministrativi che oggi rappresentano un muro ed un freno per i
    cittadini, per le imprese e per gli investimenti; b) la piena riforma degli enti locali. L’obiettivo primario,
    interno, dovrà essere pertanto quello di una riforma della macchina amministrativa associata ai nuovi
    strumenti che impediscano che le comunità locali siano escluse dai processi decisionali regionali
    per garantire un reale protagonismo delle autonomie locali. Entro questo quadro assume rilevanza
    la riforma della legge regionale sul governo del territorio ed il definitivo completamento della riforma
    degli enti locali con un nuovo assetto delle Province e delle due città metropolitane. Al servizio del
    territorio ed in coerenza con il nuovo modello di sviluppo, intendiamo lanciare un importante progetto
    di riqualificazione e valorizzazione del patrimonio regionale e di quello abitativo di tutti i centri storici
    della Sardegna, non più funzionale alle residenze, ma da riconvertire e da mettere a disposizione
    della ricettività turistica con un modello di ospitalità diffusa operativo tutto l’anno. Intendiamo creare
    gli strumenti urbanistici e finanziari per consentire non solo al pubblico, ma anche ai privati
    (rilanciando la finanza di progetto) di riqualificare e valorizzare il patrimonio regionale e quello
    abitativo dei centri storici. Il recupero di immobili non più funzionali alle residenze è la chiave per
    creare un sistema dell’ospitalità ricettiva diffusa da mettere a disposizione del nuovo modello di
    sviluppo. Entro questo quadro va immediatamente riaperto il negoziato con lo Stato per il pieno
    rispetto dell’articolo 14 del nostro Statuto (oggi largamente disatteso) con la immediata “restituzione”
    al patrimonio regionale di immobili e terreni, anche militari, non più funzionali per lo Stato. Nella
    prospettiva sovranista federale anche il demanio marittimo (il lido del mare, la spiaggia, le rade e i
    porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque interne) dovrà essere della Regione.
  5. Sovranità culturale
    Investire in istruzione e in cultura, sono elementi imprescindibili per la crescita economica e sociale
    della nostra isola. Intendiamo attivare immediatamente un tavolo permanente di analisi e confronto
    con il mondo della scuola e dell’università per sviluppare azioni strutturali mirate a garantire una
    istruzione di qualità, prevenire l’abbandono scolastico e incentivare il completamento del ciclo di
    studi. Vogliamo una radicale riforma della formazione professionale regionale in funzione del nuovo
    modello di sviluppo: lavoro e professionalità passano anche per la qualità della specializzazione e
    per una stretta collaborazione con il tessuto imprenditoriale locale. Proponiamo inoltre l’istituzione
    di un fondo di rotazione per l’alta formazione post-universitaria. Potenziare gli investimenti
    nell’istruzione e nella cultura è fondamentale per il progresso della nostra Isola. In questa ottica
    vanno anche ridefiniti gli ambiti scolastici in funzione delle politiche anti-spopolamento. Ma la
    sovranità culturale si esercita anche in termini di valorizzazione identitaria delle nostre radici, della
    nostra storia e della nostra lingua. E nel contempo la vogliamo esercitare appropriandoci della
    competenza primaria in materia di beni culturali per la diretta valorizzazione delle nostre singole
    peculiarità territoriali, del nostro patrimonio archeologico, prenuragico, nuragico, storico ed
    identitario, oggi ancora sotto la tutela inaccettabile dello Stato: non è più accettabile che le attività di
    tutela del nostro patrimonio culturale siano affidate ai Ministeri nazionali.
  6. Sovranità e mobilità
    La sovranità territoriale è strettamente legata alla continuità territoriale interna ed esterna della
    nostra Isola ed al diritto fondamentale ed irrinunciabile alla mobilità dei cittadini sardi. Troppo tempo
    è passato senza che questa fondamentale pre-condizione dello sviluppo sia stata risolta. Per la
    soluzione definitiva di questo nodo critico dobbiamo sollevare il livello del confronto e dello scontro
    con lo Stato e con la UE riservandogli priorità assoluta nelle azioni che dovranno riempire di
    contenuti concreti la battaglia vinta per l’inserimento dell’insularità in Costituzione. Dobbiamo
    cancellare il vincolo degli aiuti di Stato che di fatto impedisce di poter avere una continuità territoriale
    adattata alle nostre esigenze in termini di numero e frequenze di rotte. Vogliamo una continuità
    territoriale aerea e marittima funzionale alle nostre esigenze di isolani ed al nostro nuovo modello di
    sviluppo. Dobbiamo pretendere e poter decidere di destinare la grande parte delle risorse (nazionali
    ed europee, compreso il PNRR) per colmare questo gap ed avviare un vasto programma di
    investimenti infrastrutturali al servizio della nostra continuità territoriale esterna ed interna. Al nostro
    interno non è più rimandabile un piano immediato di investimenti per la mobilità sostenibile con la
    realizzazione di collegamenti interni certi, rapidi e sicuri verso aree urbane, costiere e zone interne,
    dimezzando tempi e aumentando la qualità del trasporto pubblico su gomma e su ferro per un
    collegamento a basso impatto ambientale (con mezzi di trasporto alimentati da fonte rinnovabile,
    puntando anche sull’idrogeno verde quale “carburante” del futuro) delle zone interne con i centri
    urbani, con le aree costiere, con i porti e con gli aeroporti. Una rete capillare di mobilità sostenibile
    alimentata da fonti energetiche rinnovabili che andremo ad auto-produrci in Sardegna.
  7. Sovranità energetica
    La sovranità energetica diventa quindi l’ulteriore tassello del nostro nuovo modello di sviluppo. Su
    tutte le principali scelte strategiche del nuovo modello di sviluppo, la componente energetica ha un
    ruolo decisivo e trasversale. Su questo tema cruciale è auspicabile che la Sardegna possa e debba
    guardare fin da subito, come si sta verificando in altri territorio lungimiranti al livello europeo ed
    internazionale, ai nuovi scenari aperti dalle fonti rinnovabili e dall’idrogeno verde, quale “combustibile
    pulito “ dell’immediato futuro. L’idrogeno verde a pieno titolo sostituirà tutti i principali combustibili di
    origine fossile. Ciò non esclude che le attuali infrastrutture possano essere “riconvertite” per la
    distribuzione capillare dell’idrogeno verde e che nella fase di transizione energetica il metano (da
    importare attraverso navi gasiere) possa ancora giocare un ruolo, ma solo transitorio. Sono scelte
    cruciali per il nostro futuro che pongono le basi per una reale sovranità energetica della Sardegna.
    Una classe politica regionale attenta e lungimirante non si può fare sfuggire quest’occasione,
    sostenendo il settore con adeguati investimenti in ricerca e tecnologia e prevedendo anche incentivi
    per la creazione di filiere industriali per la produzione in Sardegna delle componenti impiantistiche
    necessari alle centrali di produzione energetica. In questa ottica, oltre alla produzione da vento e
    sole (dominata da colossi cinesi ì, tedeschi e altre multinazionali), abbiamo una freccia in più al
    nostro arco. Non possiamo non fare riferimento anche alla produzione di energia dal mare. Nella
    produzione regionale di energia, il mare deve essere destinato a giocare un ruolo di grande rilievo,
    essendo la nostra Isola il più importante “giacimento” potenziale di produzione di energia dalle onde
    e dal moto ondoso in tutto il mare mediterraneo. La Sardegna ha, quindi, un importante vantaggio
    competitivo fino ad oggi totalmente ignorato. Ciò potrebbe, inoltre, contribuire in modo determinante
    alla costruzione di un’immagine green della Sardegna soprattutto se questa energia fosse utilizzata
    e poi accumulata con la produzione di idrogeno verde. In questa ottica alcuni importanti progetti
    assumono una particolare importanza, quali: l’istituzione di una società di produzione di energia
    pulita della Regione Sardegna tesa anche alla riduzione dei costi ed al contenimento (azzeramento)
    delle immissioni di CO2; il pieno sostegno alla nascita di comunità energetiche, quale strumento
    essenziale a disposizione delle comunità locali per le loro politiche di sviluppo centrate sulla autoproduzione da fonti rinnovabili e risparmio energetico. E’ in questa ottica che la componente
    energetica potrà essere determinante anche per il miglioramento ed efficientamento del patrimonio
    regionale ed edilizio esistente nei nostri centri storici, sia esso destinato alla residenza, sia in modo
    funzionale alle attività produttive e turistico/ricettive, ai servizi e all’edificato rurale, adattandolo alle
    mutate esigenze sociali e imprenditoriali della nostra Isola.
  8. Sovranità digitale
    Alla trasversalità della nuova componente energetica si aggiunge quella irrinunciabile della
    componente digitale. Non comprendere le dinamiche e gli sviluppi senza precedenti della
    “rivoluzione digitale” significherebbe restare esclusi dai principali processi di crescita della società
    globale. La Sardegna ha una importante tradizione, competenze ed un tessuto esistente di attività
    imprenditoriali per poter giocare un ruolo in queste essenziali dinamiche e per diventare un punto di
    riferimento per lo sviluppo tecnologico, offrendo un ambiente favorevole all’insediamento di nuove
    imprese e promuovendo l’innovazione. Entro questo quadro la nostra Regione ha le carte in regola:
    per essere protagonista nel settore della gestione dati, della cybersecurity e della tele-medicina; per
    diventare luogo ideale in cui insediare gli asset strategici di gestione e sicurezza informatica del
    nostro Paese.
  9. Sovranità monetaria locale
    Dobbiamo gestire una delicata fase di transizione prima che il nuovo modello di sviluppo che
    proponiamo generi i suoi effetti virtuosi. Servono, però, interventi immediati per dare fin da subito e
    nel concreto una boccata di ossigeno al sistema produttivo regionale, ancora fortemente provato
    dalla pandemia. Tutti i provvedimenti adottati fino ad oggi, sia quelli nazionali, che regionali hanno il
    grosso limite che difettano di tempestività e stanno arrivando alle imprese (quando arrivano) quando
    è troppo tardi. La liquidità per le imprese serve immediatamente. Non può essere erogata con i
    normali tempi e le normali regole del credito. Servono misure straordinarie, nuove ed originali. Il
    sistema bancario è incapace di farvi fronte. Servono altri strumenti oltre quello del merito del credito
    con garanzia. A tale fine intendiamo sostenere, per esempio, le imprese ad effettuare emissioni di
    mini-bond o basket-bond, strumenti finanziari alternativi al sistema bancario, come già fatto con
    successo in altre Regioni. Ma, soprattutto, possiamo dare una boccata di ossigeno al tessuto delle
    nostre imprese, dei piccoli esercizi commerciali, delle ditte individuali, dei professionisti utilizzando
    un circuito parallelo di moneta sarda complementare. Sono ormai solidi i fondamenti economici della
    moneta complementare locale (complementare e non alternativa all’euro) ed i casi di successo già
    sperimentati nel mondo e soprattutto in Sardegna che dimostrano gli impatti positivi sui sistemi locali
    e sulla tenuta e la resilienza dei sistemi produttivi proprio in situazioni di crisi e carenza di liquidità.
    Sarebbe una grande boccata di ossigeno con potenzialità enormi sia nel breve, per fronte alle
    esigenze di liquidità immediata, sia e soprattutto nel medio-lungo periodo per contribuire a ripensare
    ed attuare il nuovo modello di sviluppo della Sardegna. Per il successo di questa iniziativa è però
    necessario che la Regione, coinvolgendo tutti i Comuni della Sardegna e con adeguato
    provvedimento legislativo, consenta l’introduzione dello scambio multilaterale anche nella pubblica
    amministrazione regionale e, quindi, la compensazione dei crediti in moneta complementare
    attraverso il pagamento dei principali tributi regionali e locali (Imposte regionali, IMU, TARI, etc.).
  10. Sovranità e sanità
    Il miglioramento della qualità della vita che potrà essere assicurato dal nostro nuovo modello di
    sviluppo passa anche per il miglioramento complessivo dei nostri servizi sociali e sanitari,
    Quest’ultimo è infatti strettamente legato alla possibilità di contare su presidi nuovi e più funzionali,
    dotati delle tecnologie più innovative (compresa la tele-medicina), in grado di erogare servizi più
    efficienti e di evitare sprechi di risorse e garantire un risparmio economico. A tale fine prevediamo
    un piano articolato di interventi a partire dalle realizzazione di nuovi ospedali più funzionali, in tutti i
    territori dell’isola, dal sud al nord, con una parallela revisione e implementazione della rete
    ospedaliera e di quella territoriale per puntare su prevenzione e riabilitazione e dunque per ridurre i
    ricoveri impropri e non intasare gli Ospedali che si devono occupare invece della specialistica e delle
    acuzie
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